DOCUMENTARI

Raccontare il reale è una sfida solitamente impegnativa, che comporta un lavoro di attesa e “angolazione” cercando il miglior punto di vista per descrivere quello che si vuole osservare. Per punto di vista non intendo soltanto “cercare le inquadrature più belle”, ma piuttosto trovare una prospettiva su quello che verrà inserito nel racconto e quello che invece si considera non pertinente alla narrazione. Perché raccontare il reale non significa ovviamente raccontare tutto il reale. Implica sempre uno sguardo soggettivo che scomponga e ricolleghi i momenti raccolti in un racconto coerente, facendo emergere dei legami di significato e creando una storia dal magma di immagini che inizialmente non hanno costrutto. Significa creare una relazione con le persone che si stanno osservando cercando al contempo di essere il meno invasivi possibile. Significa modellare lo “spazio-tempo” catturato dalle riprese nel ritmo che imprimerà il montaggio, col sentimento che suggerirà la colonna sonora.

Ma il documentario può anche essere di tipo più tradizionale, ad esempio con una voce over che dipana la vicenda, trasporta lo spettatore e crea nessi tra gli eventi narrati. Nel caso dei documentari storici, ad esempio. Oppure ancora, avere un tono sperimentale. Gli stili e gli approcci sono tanto numerosi quanto lo sono quelli del racconto cinematografico.

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